«Non ci basta consumare, abbiamo bisogno di luoghi di umanità come i bar»
Con la mia famiglia gestisco una torrefazione di caffè artigianale che il prossimo anno compirà 70 anni di attività. Per scelta aziendale ci siamo sempre rivolti quasi esclusivamente ai bar e ristoranti e a chi negli uffici abbia voglia di trascorrere una buona pausa caffè.
La pandemia è stata e continua ad essere per noi e per il nostro settore una prova difficilissima, che lascerà forti segni con migliaia di attività che purtroppo non ce l’hanno fatta e non ce la faranno. Le difficoltà sono state e sono diverse: pensiamo a chi nelle prime settimane di marzo 2020 aveva realizzato degli investimenti, a chi si era approvvigionato di merce contando sulla ragionevole previsione di incasso dei giorni a seguire. E allora sospendi i mutui, i leasing, contatta i fornitori che avevano emesso le ri.ba a fine mese, sospendi gli incassi ai clienti, conforta e tranquillizza i dipendenti e familiari, cerca di capire le nuove regole, ecc.
Pensiamo a chi sta dovendo confrontarsi con le conseguenze di chi teorizza che esiste un debito buono ed un debito cattivo (in modo errato e cinico ormai si lasciano chiudere numerose attività perché secondo questo schema non creano valore). Molti pensano che il mondo è cambiato e che non tornerà più come prima perché ad esempio si è stimato che lo smartworking conviene all’azienda che risparmierebbe in media circa 10.000 euro l’anno ed inoltre i lavoratori potrebbero lavorare dove e come vogliono.
Tante persone si sono abituate a stare tutto il giorno in tenuta da casa, con il computer sempre acceso, facendo il pane e la pizza, il caffè in cialde e i cornetti surgelati, guardando le migliori serie di Netflix pomeriggio e sera. Molti hanno pensato di adottare cani e gatti, magari rinviando matrimoni e l’idea di aprirsi alla possibilità di un figlio.
In realtà questi due anni potrebbero essere stati invece la grande occasione per comprendere ancora di più i reali bisogni e desideri di ognuno di noi. E’ risultato evidente a tutti infatti come la natura profonda della persona è l’essere in relazione con gli altri e che questo bisogno non può essere colmato in pieno dalle nuove tecnologie né attraverso i social, né attraverso le videochiamate.
Ognuno ha potuto sperimentare come non gli basti stare solo nel proprio nucleo familiare. Ci siamo resi conto che abbiamo bisogno di incontrare persone in carne ed ossa, amici e conoscenti, colleghi, parenti, clienti, fornitori. Hanno provato a ridurci a dei semplici “consumatori”, auspicio delle multinazionali, ma ci siamo riscoperti “persone”, qualcuno dice giustamente uniche e irripetibili.
Persone con gusti diversi, e non “standardizzati”, che vanno al ristorante e al bar per “stare insieme” ad altri, incontrando una nuova persona, conoscendo un nuovo posto, ecc. E’ questa natura di socialità che fa apparire più buono il caffè ed il cappuccino al bar, o la pizza in pizzeria, non soltanto la migliore qualità dei prodotti usati (numerosi studi confermano infatti che il contesto modifica la percezione il gusto).
Soprattutto in Italia e nella cultura italiana i bar e i locali, sono luoghi di “umanità”, di spensieratezza, ma anche di lavoro e confronto. Lo testimonia anche la storia del fondatore di Starbucks che fu ispirato dal concetto di bar italiano nel creare le sue numerose caffetterie nel mondo.
Se ognuno di noi avrà fatto questa esperienza, vivrà la quotidianità con maggiore consapevolezza, e quindi forse sì il mondo non sarà più come prima perché percepito più umano e gustoso!